La costellazione dei pois: storia leggera di un pattern che non stanca mai

La costellazione dei pois: storia leggera di un pattern che non stanca mai

Facciamo una pausa dalle trame troppo tecniche. Parliamo di pois, quei piccoli cerchi che tornano e ritornano, con la stessa tenerezza con cui si ritrova un amico d’infanzia. Io – che sono cresciuta a pane e Pimpa – li cerco ovunque: sui cuscini, nei tessuti, persino nei biscotti. Un'ossessione affettiva, più che estetica. Ma da dove arrivano davvero? E perché ci piacciono tanto?

1. Una storia antica più di quanto sembri


Oggi li percepiamo come leggeri e gioiosi, ma per secoli i pois furono tutto il contrario. Nel Medioevo, la presenza di cerchi irregolari o macchie sul corpo era associata a malattie infettive come la lebbra o il vaiolo. Non a caso, nei dipinti sacri, i dannati sono spesso raffigurati con vesti punteggiate, a sottolineare il caos interiore e l'esclusione sociale.

Fu solo con l'arrivo della stampa tessile industriale, tra XVIII e XIX secolo, che i cerchi cominciarono a essere stampati in modo regolare e decorativo, perdendo quell'aura inquietante e diventando motivi stilistici ripetitivi e armoniosi.

Malati di peste bubbonica in una miniatura del XV secolo

 

2. Il nome “polka dot” e la svolta gioiosa

Il termine inglese polka dots viene fatto risalire agli anni '40 dell'Ottocento, in piena "polkamania". La polka, danza di origine boema, aveva conquistato i salotti europei con il suo ritmo veloce e gioioso. Molti prodotti dell'epoca vennero battezzati con questo nome per approfittare della sua popolarità: cravatte, cappelli, guanti e, naturalmente, tessuti a pois.

La connessione tra danza e pattern è solo simbolica, ma efficace: i pois, come i passi di polka, si ripetono, si rincorrono, formano una coreografia visiva.

“Polka dots are the happiest pattern.” – Christian Dior

3. Il potere gentile del puntino

C'è qualcosa nei pois che rassicura. I cerchi sono simboli universali di completezza, equilibrio, armonia. Nel design, sono considerati forme "amichevoli": niente spigoli, niente tensione. Solo un piccolo universo perfetto.

Possono essere micro o macro, eccentrici o discreti. Jackie Kennedy li portava nei tailleur bon ton, Yayoi Kusama li trasforma in vortici infiniti. E ancora oggi, una camicetta a pois ha il potere di alleggerire una giornata grigia.

 Yayoi Kusama e l'ossessione per i pois

Da sinistra in senso orario: Abito a pois Dior anni ’50, simbolo di eleganza e femminilità. Yayoi Kusama, artista giapponese celebre per l’uso ossessivo dei pois. Penelope tessuti: collezione Sudafrica. Minnie Mouse, icona Disney con abito a pois, protagonista anche del Polka Dot Day.

 

4. I pois nel mondo tessile: dall’haute couture al divano di casa

Nel corso del Novecento, i pois conquistano definitivamente la moda e l’arredamento. Elsa Schiaparelli li ama, Dior li elegge a stampa d’elezione per le sue gonne ampie. Negli anni Sessanta tornano più grafici, poi spariscono e riemergono ciclicamente: sempre un po' retrò, mai fuori posto.

Oggi vivono anche nei tessuti per la casa, nella biancheria da letto, nei complementi d’arredo. Un pattern che non chiede attenzioni, ma le riceve.

“Pois are never too much. They just know how to stay in their place.” – Anonimo

5. Dots in casa Penelope


Nel nostro laboratorio, i pois sono piccoli sorrisi ricamati. Li amiamo grandi, decisi, ma mai invadenti. Sul lino Vivere Vintage diventano protagonisti gentili, composti ma mai noiosi.

Il dettaglio che ci diverte? Il cordoncino a contrasto che corre tutto intorno: perché anche l’ordine, ogni tanto, ha voglia di farsi notare.

I pois non passano di moda perché non hanno bisogno di farlo.
Sono come le pause in una melodia, i respiri in una poesia.
Sono costellazioni addomesticate, punti di equilibrio tra gioco e grazia.

E ogni volta che li vediamo... ci mettono di buon umore.

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